“Che caldo”: se ti lamenti delle temperature elevate con il tuo capo, ti mette in CASSA INTEGRAZIONE | Tra censura e tutela
Dipendente in cassa integrazione - fonte_Canva - adginforma.it
Ormai non puoi più nemmeno lamentarti per il caldo, il capo ti mette subito in cassa integrazione. Una dittatura.
Succede ogni estate, eppure ogni volta sembra una sorpresa: il caldo che piega i corpi prima ancora della volontà.
C’è chi lavora con il sole addosso, senza un centimetro d’ombra, coperto da caschi e tute che bruciano la pelle.
Nelle città roventi, il cantiere diventa una fornace, e la pausa pranzo non basta a rimettere in piedi un operaio stremato.
Ma qualcosa, quest’anno, sta cambiando: una nuova regola, una tutela concreta che non tutti conoscono. Di cosa si tratta.
Quando il lavoro si scioglie sotto il sole
Alle nove del mattino il sole è già verticale, e i blocchi di cemento riflettono una luce che acceca. Nel rumore dei martelli pneumatici e nell’odore del catrame, ci sono uomini che portano avanti l’Italia a colpi di badile e sudore. Nessuna scenografia, solo caldo, asfalto e mani consumate. A Milano, come a Roma o Palermo, le temperature sfiorano i 40 gradi. Ma quella che conta davvero è quella che non si misura con il termometro: la temperatura percepita.
È quella che si avverte sotto il casco, dentro le tute, vicino a macchinari roventi o materiali incandescenti. È lì che il caldo non è più solo scomodo, ma pericoloso. Un caldo che appanna la vista, accelera il battito, svuota le forze. Che può uccidere. Fino a oggi, molti operai erano costretti a resistere. O, al massimo, a fermarsi qualche ora, a rischio di perdere la paga. Ma da quest’estate, qualcosa si muove. Una possibilità, una tutela nuova. Ed è bene conoscerla.
Temperature oltre i 35 gradi? Lavoro sospeso e stipendi tutelati
Il 3 luglio 2025 l’INPS ha ufficializzato una misura che potrebbe cambiare il lavoro estivo di migliaia di operai. Le aziende potranno infatti richiedere la cassa integrazione per “evento meteo” nei giorni in cui il caldo supera i 35 gradi, ma non solo. Anche quando la temperatura percepita, amplificata da umidità, sole diretto, vestiario o macchinari, risulta insostenibile, è possibile sospendere le attività senza penalizzare i lavoratori.
La norma non è una punizione né un privilegio. È un’ancora. Serve a evitare infortuni, collassi, malori. A tutelare vite e garantire continuità economica. La richiesta di integrazione salariale può essere presentata anche se il lavoro avviene all’interno, purché in ambienti non ventilati o non raffreddabili. Non è un invito al riposo, ma un modo per evitare il peggio. Quando il caldo diventa un nemico, fermarsi non è una debolezza. È responsabilità.