La Romagna è sott’acqua. A quando un piano nazionale per la sicurezza del territorio?

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Ci risiamo. Purtroppo. Stavolta è toccato all’Emilia-Romagna. La tragedia è immane. I danni sono incalcolabili. Le vittime, finora, quindici. Nessuno ricorda eventi simili. In sole 36 ore la pioggia ha registrato gli stessi indici che si rilevano nell’arco di 6/8 mesi. A Faenza, tra le città più colpite dall’alluvione, tutto era cominciato tra il 2 e il 3 maggio scorso. Ora, sostengono i faentini, è molto peggio di due settimane fa e il replicarsi dei fenomeni, in forma ancora più cruenta, fa sembrare quei giorni quasi una prova generale. I Comuni allagati intanto si moltiplicano, ora in tutto sono 24 i centri maggiormente colpiti. Lugo, Cesena, Ravenna, Conselice, solo per citarne alcuni. Nel cesenate il fiume Salvio è straripato in più punti, e nel complesso i corsi d’acqua che hanno arrecato problemi sono una ventina.

Si calcola che non meno di dieci milioni di alberi da frutto saranno estirpati e ripiantati. Agricoltori letteralmente in ginocchio e inevitabili ripercussioni sui prezzi al consumo. Sembra che almeno gli sfollati si siano ridotti. Erano trentaseimila le persone evacuate, diecimila sono rientrate alla loro dimora abituale. Negli occhi di tutti le immagini dei soccorsi estremi. Gli elicotteri hanno salvato diverse persone che si erano rifugiati sui tetti delle proprie abitazioni. E per le strade, ora trasformatesi in autentici canali, si contano a decine i gommoni e le barche dei Vigili del fuoco e delle forze dell’ordine. Che mettono in salvo donne, bambini e anziani. Problemi anche per gli animali, molti dei quali sono stati sopraffatti dalla furia dell’acqua. Manca peraltro il foraggio e, specie nei comuni collinari dove non c’è acqua potabile, ci sono difficoltà nell’abbeveraggio del bestiame. Diverse migliaia le aziende agricole finite sott’acqua. Ci sono frane un po’ ovunque e altri probabili smottamenti creano allerta rossa quasi ogni giorno.

Poi c’è il fango, tanto fango da spalare per le strade e nelle case. E prima ancora bisogna levar via l’acqua stagnante. In quantità davvero impressionante. Diverse idrovore e migliaia di volontari in azione corrono contro il tempo anche per debellare i pericoli di infezioni. In molte città cominciano a scarseggiare le derrate alimentari. La rabbia intanto sale, seppure in una popolazione mai doma e pronta a ricominciare. C’è gente che ha perso tutto, ma proprio tutto. Proprio oggi il Consiglio dei Ministri ha emanato l’atteso decreto maltempo. Previsti due miliardi di aiuti alle famiglie e alle imprese. Oltre alla sospensione dei tributi fino al prossimo mese di agosto. Difficile individuare le cause e i responsabili di questo autentico scempio. O forse per paradosso potrebbe essere fin troppo semplice. Quel che succede è sotto gli occhi di tutti. Guai però ad additare il cambiamento climatico quale unica ragione determinante di questi scenari apocalittici. C’è ben altro. Come la scarsa manutenzione dei corsi d’acqua o uno sciagurato consumo del suolo. La prevenzione dunque sembra un termine sconosciuto agli amministratori siano essi locali che del governo centrale.

Occorre, una volta per tutte, un piano per l’intero Paese che si occupi di programmare ma soprattutto realizzare, e in maniera urgente, le opere che mancano o completare quelle insufficienti. Insomma una messa in sicurezza del territorio che sia veloce, convincente e determinante. Se mai con un pizzico di coscienza in più. Che non guasta.