LEGGE 104: divieto di assumere badanti e collaboratori: solo i parenti possono assistere il malato | La nuova legge fa discutere

Assistenza familiare legge 104

Assistenza familiare (canva) Adginforma.it

Affidarsi ai soli familiari in caso di grave disabilità non è certo semplice, ma si tratta di un obbligo sancito dalla legge.

In certe situazioni familiari, prestare assistenza a un parente può diventare una necessità quotidiana.

Ci si ritrova a supportare una persona cara con gravi patologie o invalidità riconosciute.

Ma cosa succede quando l’impegno assistenziale è costante e richiede una presenza qualificata?

È possibile trasformare questo legame affettivo in un rapporto di lavoro regolare e tutelato?

Assistenza familiare: cambia tutto

Quando si parla di assistenza familiare, la prima cosa che viene in mente è il legame affettivo. I figli che fanno assistenza ai genitori, ma anche i nipoti che aiutano gli zii anziani o i coniugi che si supportano con l’avanzare dell’età. Per il nostro ordinamento, queste situazioni rientrano nei doveri morali e materiali che derivano dai rapporti familiari. In particolare, l’articolo 143 del Codice Civile stabilisce per i coniugi l’obbligo di assistenza reciproca, rendendo spesso incompatibile un eventuale contratto di lavoro. Allo stesso modo, le prestazioni tra parenti stretti si presumono gratuite, perché legate all’affetto più che a un corrispettivo economico.

È una visione che rispetta la centralità della famiglia nella società, ma che può creare difficoltà pratiche quando l’assistenza diventa continuativa e impegnativa. In questi casi, il rischio è di caricare i familiari di un peso enorme, senza riconoscimento né tutele. Tuttavia, il lavoro di cura ha un valore, anche quando svolto da chi ci è più vicino. Ed è proprio da qui che nasce l’esigenza di distinguere tra aiuto spontaneo e prestazione lavorativa vera e propria. Non sempre è facile stabilire il confine tra le due dimensioni, ma in alcuni casi esiste una via chiara, legale e regolamentata per trasformare un parente in un collaboratore regolarmente assunto.

Famiglia felice
Famiglia felice (Canva) Adginforma.it

Quando l’INPS accetta l’assunzione di un parente

In casi specifici, è possibile assumere un familiare per prestare assistenza a un parente con grave disabilità riconosciuta. La condizione fondamentale è che il soggetto assistito sia stato dichiarato in situazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3, della Legge 104/1992 e percepisca l’indennità di accompagnamento. Solo se ci sono i corretti requisiti l’INPS accetta la presenza un contratto di lavoro domestico anche con legame di parentela. Il contratto da applicare è quello previsto dal CCNL per i lavoratori domestici e va comunicato online all’INPS entro 24 ore dall’inizio.

Inoltre, per i rapporti di convivenza tra parenti o affini fino al terzo grado, l’aliquota contributiva è diversa e non comprende la quota CUAF, perché datore e lavoratore appartengono allo stesso nucleo familiare. In sintesi, la legge prevede una tutela economica per i familiari che si occupano di assistenza continuativa, offrendo loro l’opportunità di essere regolarmente assunti con contributi versati. Un’opzione concreta per chi già si prende cura di un parente, trasformando un obbligo morale in un lavoro riconosciuto e tutelato.