Operazione ANTI OBESITÀ: ora ti tolgono patatine e snack dal carrello | Trattano tutti come bambini

Bambina che mangia le patatine e fast food

Bambina che mangia patatine e fast food (Canva) Adginforma.it

Dietro un carrello apparentemente innocente si nasconde una nuova guerra alimentare. E qualcuno sta già pagando il prezzo.

Le patatine e gli snack spariscono dagli scaffali mentre altri iniziano a scegliere per te.

Sempre più genitori si accorgono che i figli rischiano l’obesità, la mentalità sta cambiando?

Le etichette salutiste non bastano più: ora si agisce sul carrello della spesa, alla radice del problema.

Ma c’è un prezzo da pagare: intere aziende alimentari rischiano di non rialzarsi più. Un cambiamento che può costare caro in termini finanziari per alcuni marchi.

L’Italia ingrassa, rischio di obesità fin da bambini

Le statistiche lo dicono chiaramente: l’obesità infantile in Italia è fuori controllo. I numeri preoccupano pediatri, dietologi, educatori. Ma soprattutto preoccupano i genitori, che si ritrovano figli sedentari, attratti da schermi e snack, con una dieta sbilanciata già da piccoli. Non è solo una questione di chili di troppo: è il rischio di un’intera generazione con aspettative di vita ridotte e patologie croniche sempre più precoci.

La risposta delle istituzioni e del mercato è sempre più orientata alla prevenzione “visiva”: confezioni meno accattivanti, messaggi salutisti, scoraggiamento implicito. Il modello è quello del carrello “guidato”, dove si incentiva l’acquisto di alimenti genuini e si rendono meno accessibili i prodotti processati e ipercalorici. Alcune catene stanno sperimentando percorsi “educativi” tra gli scaffali, veri e propri filtri nutrizionali per grandi e piccoli. Un’idea che piace a molti… ma che per altri sa di paternalismo.

Mamma e figlia al supermercato
Mamma e figlia al supermercato (Canva) Adginforma.it

E mentre si parla di dieta, un marchio storico rischia di sparire

L’ondata salutista non lascia indenni i protagonisti del food. Anzi, colpisce in particolare chi ha fatto del consumo di piacere la propria bandiera. Ad esempio portiamo il caso Crik Crok: il marchio storico delle patatine, nato nel 1949, rischia di svanire nel silenzio. Dopo un tentativo di rilancio con focus su mercati esteri e made in Italy, l’azienda è di nuovo in affanno. Produzione ferma, cassa integrazione promessa ma mai arrivata, lavoratori senza stipendio: a Pomezia la situazione è critica.

La presidente Francesca Ossini è al lavoro su un nuovo piano di concordato, l’ennesimo. Si parla di acquirenti, di tribunali, di continuità produttiva. Ma sullo sfondo si intravede qualcosa di più profondo: un cambio culturale che non lascia spazio ai nostalgici degli anni ’90 e dei pacchetti rossi da sgranocchiare in compagnia. La Crik Crok di oggi, potrebbe non essere fallita solo per i debiti, ma anche per una società che non vuole più sentirsi dire “una tira l’altra”. Qualcosa sta cambiando e le aziende alimentari dovranno adeguarsi, forse, alle nuove abitudini degli italiani.