Paolo Sottocorona, il signore del meteo in TV: vita, stile e l’eredità di una voce competente e gentile

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Per generazioni di italiani Paolo Sottocorona è stato molto più di un meteorologo: una presenza affidabile, un divulgatore attento e una bussola serena nei giorni in cui il tempo cambiava all’improvviso. Ecco chi era, come ha definito un modo “nuovo” di raccontare il meteo e cosa resta del suo lavoro.
Dalla passione per l’atmosfera alla TV: il percorso di un professionista rigoroso
La storia professionale di Paolo Sottocorona nasce da una passione autentica per l’atmosfera, coltivata tra studi, mappe sinottiche e lettura meticolosa dei dati. Prima ancora della popolarità televisiva, Sottocorona ha attraversato il mondo della meteorologia vera: analisi, modelli, interpretazione degli scenari e quel lavoro paziente che trasforma numeri e grafici in previsioni comprensibili. Quando approda sullo schermo, porta con sé questo bagaglio di contenuti e lo traduce in un linguaggio semplice ma mai semplificato. La sua cifra è chiara: niente sensazionalismi, molta sostanza, il gusto di spiegare perché arriva la pioggia o perché il vento cambia direzione, quali fronti si muovono e cosa aspettarsi nell’arco di 24 o 72 ore.
Nel piccolo schermo Sottocorona si distingue subito per tono pacato, grafica essenziale, gesti misurati. Non alza la voce, non rincorre l’effetto: costruisce fiducia. Il pubblico lo percepisce come un tecnico che parla con le persone, non come un personaggio che usa il meteo per fare spettacolo. In un’epoca di titoli esasperati, lui sceglie l’accuratezza e l’onestà intellettuale: quando i modelli non concordano, lo dice; quando l’affidabilità scende, spiega dove sta l’incertezza. È questo approccio, profondamente rispettoso degli spettatori, a trasformarlo in un riferimento quotidiano.
La TV lo rende popolare, ma non lo snatura. Sottocorona rimane un meteorologo che fa divulgazione, non l’inverso. Lavora sulle mappe, aggiorna i modelli, segue i passaggi stagionali con il senso del ciclo naturale: i segnali delle correnti a getto, i blocchi anticiclonici, i richiami umidi dal Mediterraneo. E ogni volta costruisce un piccolo racconto che aiuta a leggere il presente e ad anticipare le prossime 24 ore con realismo e senza promesse facili.
Stile, eredità e cosa ci ha insegnato sul clima che cambia
Il suo stile è diventato un metodo. Sottocorona non ha mai separato la previsione dalla spiegazione. Non è solo “domani piove”, ma “domani piove per questo motivo”: una differenza che educa il pubblico, perché sposta l’attenzione dalla curiosità al significato dei fenomeni. La sua competenza ha attraversato il tema – oggi inevitabile – del cambiamento climatico con la stessa sobrietà: numeri prima di opinioni, tendenze prima di slogan, fenomeni osservati prima di conclusioni affrettate. Nelle sue parole non c’era la pretesa di avere sempre ragione; c’era la responsabilità di dire quando la scienza dispone di certezze e quando, invece, occorre prudenza.
Il lascito più forte è culturale: Sottocorona ha restituito dignità al racconto del meteo in TV. In un ambiente esposto alla tentazione della spettacolarizzazione, ha mostrato che la credibilità è un patrimonio che si costruisce mattina dopo mattina, fronte dopo fronte, ammettendo errori e spiegando le revisioni. Ha educato all’idea che la previsione è una fotografia probabilistica, non un oracolo: chi lo seguiva imparava a guardare le mappe, a riconoscere i colori delle precipitazioni, a capire cosa può cambiare tra un run e l’altro dei modelli. È un’eredità preziosa, perché rende le persone più consapevoli e meno esposte a allarmismi o false certezze.
Alla dimensione pubblica si affianca quella personale che il pubblico percepiva tra le righe: garbo, misura, ironia leggera. Non c’era compiacimento nel pronunciare una “brutta” previsione; c’era l’attenzione a chi lavora all’aperto, a chi organizza un viaggio, a chi si muove in montagna o in mare. Quella sensibilità, tradotta in consigli semplici (“portatevi una giacca”, “occhio ai temporali di calore nel pomeriggio”), ha fatto la differenza per milioni di persone, trasformando un servizio in una forma di cura civile.
Guardando avanti, l’eredità di Sottocorona si traduce in un invito ai colleghi: mantenere la schiena dritta sui dati, proteggere il confine tra divulgazione e intrattenimento, coltivare un rapporto di fiducia con chi ascolta. E per il pubblico, resta la lezione del dubbio ben spiegato: sapere che una previsione può cambiare non è un limite, è una forma di rispetto verso la complessità dell’atmosfera.
Con la scomparsa di Paolo Sottocorona la televisione italiana perde una delle sue voci più credibili, e la meteorologia perde un interprete capace di tenere insieme rigore e umanità. Resta la sua maniera sobria di stare in scena e la certezza che il miglior servizio al pubblico, anche nel meteo, nasce da due parole semplici: competenza e gentilezza. È questo, forse, il suo ultimo bollettino: un invito ad affrontare il tempo che cambia con occhi attenti, mente lucida e rispetto per chi ascolta.