Pirandello lo sapeva e gli esperti lo confermano, i DISTURBI PSICHICI ti portano al potere | La vittoria è in mano ai folli

Leadership e follia (canva) Adginforma.it
Il potere è dei folli? Il disagio mentale può essere una risorsa nei momenti di crisi, non solo un limite.
Possiamo ancora considerare l’equilibrio psicologico come requisito fondamentale per guidare in tempi difficili?
Gli esperti ribaltano questa convinzione nel suo saggio. Analizzando figure storiche come Lincoln, Churchill e Gandhi, sorgono riflessioni forti.
In contesti eccezionali, i leader con esperienze di disagio mentale hanno spesso dimostrato maggiore lucidità, empatia e realismo.
Un autore propone un libro che scuote pregiudizi e apre nuove prospettive su cosa significhi davvero essere un grande leader.
La crisi chiama leader con profondità emotiva
Secondo Ghaemi, psichiatra e docente ad Harvard, i momenti di crisi richiedono qualità che vanno oltre la razionalità e l’efficienza. Servono leader capaci di guardare in faccia il dolore, di tollerare l’ambiguità e di affrontare la realtà senza filtri. In questo senso, disturbi dell’umore come la depressione o il disturbo bipolare non sono solo fragilità, ma possono diventare risorse. La “lucidità depressiva”, come nel caso di Lincoln, o la malinconia combattuta di Churchill, li hanno resi più attenti al lato oscuro della storia, più prudenti e meno inclini a semplificare.
L’esperienza personale del dolore sviluppa empatia, resilienza e una visione non distorta dalle illusioni. In condizioni normali, la stabilità emotiva è preferibile, ma nei momenti eccezionali, chi ha attraversato il buio può riconoscerlo meglio anche fuori di sé. Questa visione non romantizza la sofferenza mentale, ma invita a riconoscerne anche i potenziali effetti positivi nella leadership.
Il potere è dei folli? Forse è così
L’immagine del leader forte, positivo e sicuro è ancora dominante, ma Ghaemi invita a rimetterla in discussione. La leadership efficace nei momenti di discontinuità storica, secondo lui, richiede tratti che la società tende spesso a stigmatizzare: vulnerabilità, dubbio, introspezione. Le biografie di Lincoln e Gandhi lo dimostrano. Entrambi hanno conosciuto la sofferenza e l’hanno trasformata in una forza etica e strategica. Al contrario, leader “normali” in contesti eccezionali, come Neville Chamberlain o George W. Bush, sono presentati come esempi di decisionismo miope, privi della profondità necessaria per affrontare crisi complesse.
La salute mentale, dunque, non è garanzia di buona leadership; e un disagio psicologico non è automaticamente un ostacolo. Il punto è la capacità di trasformare quella sofferenza in comprensione, visione e adattabilità. Una straordinaria follia ci sfida a superare lo stigma, riconoscendo che il genio e la grandezza, in alcuni casi, non nascono dalla forza pura ma dall’elaborazione del limite. È una proposta culturale forte: ripensare la leadership alla luce dell’umano, non dell’infallibile.