Si torna allo SMARTWORKING: i livelli di inquinamento sono troppo elevati per aprire gli uffici | Da oggi si torna indietro di 5 anni
Smart working (Canva) Adginforma.it
Un provvedimento inaspettato cambia la routine lavorativa: uffici chiusi e smart working obbligatorio, cosa succede.
Sembrava una fase ormai superata, confinata ai ricordi dei tempi del lockdown. E invece, eccoci di nuovo a casa, davanti allo schermo.
Ma questa volta la causa non è una pandemia. In alcune zone d’Italia, l’ufficio diventa off-limits, e il lavoro da remoto torna obbligatorio.
Cos’è successo? Un problema sempre più serio ha costretto le autorità ad agire.
E la misura presa, tanto drastica quanto inedita, riporta indietro le lancette di cinque anni.
Non è un esperimento, è una necessità
Quando si parla di smart working, la mente corre subito all’era Covid. Eppure, la causa del rientro forzato nelle proprie abitazioni è oggi ben diversa, anche se altrettanto urgente. L’inquinamento atmosferico ha raggiunto livelli critici, e le amministrazioni locali non hanno potuto più rimandare: per tutelare la salute pubblica e arginare il collasso del traffico urbano, si è deciso di chiudere temporaneamente alcuni uffici e riorganizzare la logistica cittadina.
Il rischio? Oltre al danno ambientale, un ingorgo quotidiano che metterebbe in ginocchio interi distretti. E così, in una manciata di giorni, si torna al lavoro agile. Con una differenza: oggi il cambiamento riguarda anche le aziende private, costrette a rivedere turni, orari e flussi operativi.
Il ponte chiude, il traffico esplode: torna lo smart working
La misura scatta a seguito della chiusura, dal 16 giugno, del ponte di Veggia, nodo cruciale tra Sassuolo e Casalgrande. Per almeno due mesi, l’unico collegamento disponibile sarà il ponte sulla provinciale 467. Un collo di bottiglia potenzialmente paralizzante, capace di generare code chilometriche negli orari di punta. Per evitare il caos, le istituzioni locali, sindacati e imprese hanno trovato un accordo: applicare, laddove possibile, orari flessibili e smart working. Anche i Comuni del distretto si sono impegnati ad adottare questa misura per i dipendenti pubblici.
Inoltre, è stata discussa la creazione di una no-drive zone per i mezzi pesanti negli orari più critici. Una strategia condivisa e ritenuta indispensabile per salvare la qualità della vita in un’area produttiva ad alta densità. Quello che era nato come piano di emergenza potrebbe trasformarsi, ancora una volta, in una nuova abitudine. E forse, in un’opportunità per ripensare davvero il futuro del lavoro. Una crisi logistica diventa occasione per innovare. Lo smart working, da misura temporanea, potrebbe rivelarsi la chiave per un equilibrio più sostenibile tra mobilità, ambiente e produttività. Almeno fino alla risoluzione del problema.