La morte di Alain Delon, il bello dalla vita tormentata

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Meglio se avessi fatto il salumiere, sostenne in privato con un giornalista di Le Monde poco prima che morisse. Alain Delon, icona del cinema francese, è morto a 88 anni. In quella breve e intima dichiarazione il bell’Alain si mostra quasi pentito della propria esistenza.

Una vita, la sua, che si fatica a raccontare, costellata com’è di fatti ai limiti della legalità, spesso violenti, quasi sempre conditi di una buona dose di odiosa superficialità con cui amava lasciare traccia. Specie nella sfera degli affetti, difficile peraltro a definirli tali. Si, perché proprio di quelli Delon venne privato già all’età di quattro anni, quando i suoi si separarono. Un papà in pratica volatilizzato e la mamma che si risposa col salumiere cui si accennava.

Poco, davvero, per un bimbo e poche o nulle le note positive tramandate. Al punto che il suo aspetto dolce, così amato dalle sue donne e sognato da tutte mal si coniuga col suo carattere piuttosto fumantino che ne hanno fatto una persona non certo garbata, spesso prepotente.

Sarà banale ma quel Chi si crede di essere che la Carrà gli rivolse per avere snobbata una sua trasmissione ne riassume la supponenza e la scarsa aderenza ai principi del bon ton. Bello e violento al tempo stesso, Delon ha inanellato, così come si fa con le palline dell’abaco, le donne, le promesse, i tradimenti, le auto e finanche opere d’arte, ma pure gli insuccessi, che sono tanti, soprattutto verso i suoi cari.

Ora che l’attore ci ha lasciato, tengono banco, anzi riemergono, dissapori e tensioni familiari cui si stenta a credere. Si scrive, in queste ore, perfino di un figlio mai riconosciuto. Si chiamava Ari Boulogne ed è morto a Parigi lo scorso anno, vittima di droghe e depressione. Era figlio della modella tedesca Nico. Ma a lui il papà diceva con tua madre ho passato una notte sola. E si riportano, altrettanto sgradevoli, le notizie che riguardano l’eredità dell’attore.

Lui aveva pensato, già da tempo, a mettere nero su bianco la questione. Favorendo, e non poco, una tra i suoi tre figli. Anouchka, così si chiama la ragazza, 33 anni, sarà la vera prediletta di papà. Destinataria del 50 per cento dell’asse ereditario, è stata già denunciata qualche tempo fa dai due fratelli Anthony e Alain-Fabien per circonvenzione di incapace.

Non è un dettaglio, quello appena citato. “Anouchka è l’unica persona che ho amato” dirà l’attore. L’amore   morboso che ha nutrito verso l’unica figlia femmina denota in Delon un rapporto per certi versi conflittuale verso l’universo maschile. Ne è una riprova il libro autobiografico pubblicato nel 2013.

Si chiama Les femmes de ma vie e in esso l’autore senza alcuna forma di pudore afferma candidamente che senza le sue donne sarebbe stato nessuno. Tra esse Romy Schneider, splendida principessa Sissi. Con lei vive il rapporto più intenso. Ciononostante la lascia con un biglietto su cui si legge Mi dispiace, so che ti avrei fatto soffrire, parto con Nathalie, ti auguro ogni bene. Lei era Francine Canovas, divenuta poi Nathalie Delon.

È stata l’unica donna con cui si è sposato. Dall’unione è nato Anthony, il maggiore dei tre figli. Anche questo rapporto, seppure l’unico ufficiale, è naufragato nel giro di un lustro scarso. Quindi la storia con Dalida, e, subito dopo, il riavvicinamento con la Schneider, ai tempi de “La piscina”, interpretato da entrambi. Il successo a quei tempi era già arrivato, consolidato poi in Italia alla corte dei registi nostrani Visconti, Antonioni e Zurlini.

Dal primo fu chiamato due volte per girare prima “Rocco e i suoi fratelli” e poi “Il Gattopardo”, quest’ultimo con Burt Lancaster e Claudia Cardinale nelle vesti di una splendida Angelica. Pur avendo interpretato personaggi calzanti, fu subito evidente che il cinema d’autore nostrano non gli era particolarmente adatto. Tornato in patria, cominciò a girare le pellicole che sentiva più sue. Un vero e proprio filone quello dei polizieschi.

Ancor prima era riuscito a recitare con Jean Gabin, quasi inarrivabile all’epoca, in Colpo grosso al Casinò del ’64. Col suo diretto antagonista, l’altrettanto bravo Jean Paul Belmondo, reciterà in Borsalino, film del 1970. Si esalta poi in tre lavori di Jean Pierre Melville che lo vuole nei suoi “I senza nome”, “Un flic” (Notte sulla città) e “Frank Costello faccia d’angelo”. A ben vedere, una carriera non particolarmente lunga se consideriamo che, i suoi film migliori, Delon li racchiude in poco meno di trent’anni. Per giunta, senza particolari riconoscimenti. E questo è davvero curioso.