Come spesso succede, in Italia gli interessi prevalgono sui bisogni, specie quando questi ultimi vorrebbero far chiarezza su procedure non proprio trasparenti. Come quelle che riguardano da sempre la concessione di licenze balneari. Decenni di benefici a vantaggio di pochi, sempre gli stessi, rinsaldano le posizioni di concessionari tutt’altro che inclini a passare la mano, ancor più in assenza di specifiche normative. Ora però spuntano all’orizzonte le prime regole europee.
Potrebbe essere il momento propizio per mettere ordine in materia. Invece no. Il Governo discute, s’indigna, rimanda. Stiamo parlando della Direttiva Bolkestein (esattamente la n. 123 partorita dalla UE il 12 dicembre 2006 dopo diversi emendamenti). Essa prevede, tra l’altro, che quella del prossimo 31 dicembre sia la data di scadenza delle concessioni balneari. Di conseguenza, dal prossimo 2024, il rilascio delle licenze demaniali sarebbe subordinato alla istituzione di regolari bandi pubblici. Ma il governo, nel decreto “milleproroghe” dello scorso febbraio, ha preferito rimandare il termine ultimo di 12 mesi. Sfidando Bruxelles. Ancora una volta.
Appare certo che la Commissione Europea dovrà addebitare al nostro Paese l’ennesima procedura di infrazione. Solo per mancato recepimento di direttive l’Italia ha già collezionato venti “richiami ufficiali”. Che sono tanti. Citiamo inoltre altri “particolari” non da poco di questa che appare come una saga interminabile. Considerando che la Bolkestein proibisce i rinnovi “automatici” delle concessioni, già a novembre 2021 il Consiglio di Stato sentenziava l’annullamento della proroga al 31 dicembre 2033 prevista dalla legge n. 145 del 2018. E dunque oltre quello della UE c’è anche un veto istituzionale interno. C’è da aggiungere però che, per evitare gli effetti drammatici di uno stop immediato, il Consiglio nella stessa sentenza ha decretato il termine ultimo per “cambiare registro” proprio il prossimo fine anno. Ciononostante il governo Meloni fa leva su un’astuta interpretazione della legge sulla concorrenza del governo Draghi (la 118/2022).
In essa, nonostante sia prevista la scadenza 2023 per le licenze in questione, dunque rispettando quanto espresso dall’Organo di tutela, è concessa ai Comuni la proroga di un anno in caso di difficoltà oggettive e motivate. Insomma l’attuale Esecutivo tende a raffreddare una questione la cui soluzione appare piuttosto complessa. C’è poi un aspetto che potrebbe essere risolto con dati più “oggettivi”. Ed è quello che riguarda una nuova mappatura dei lidi in concessione di tutta Italia. Lo scopo è quello di dimostrare all’Unione che non siamo un Paese “carente” di spiagge libere. Palazzo Chigi sostiene infatti che “il fenomeno è presente solo in talune zone delle coste italiane”. E dunque solo in questi casi si farebbe ricorso a gare pubbliche per la gestione di beni demaniali, come prevede la Direttiva Bolkestein. Vedremo. Intanto la situazione, già caotica, rischia di aggravarsi ulteriormente.